Un estratto da Racconti Romani, di Umberto Silvestri, in pubblicazione da Feltrinelli.
Almeno tre volte a settimana andavamo ad arrampicare.
Spessissimo a Sperlonga che era un posto che amavamo parecchio ed eravamo diventati bravi, allenati, precisi, leggeri.
Volteggiavamo sulle falesie in riva al mare all’Approdo dei Proci passando da un 6a a un 6c con una facilità e una naturalezza che ci faceva sentire bene, in forma. Io una volta riuscii pure a salire, non in continuità lo ammetto ma facendo un paio di soste, la via denominata “Beethoven” che era un grado di 7a+ che era già qualcosa di elevato, da professionista.
Lui, Rudolf che era più bravo di me, non scendeva mai sotto i 6c e s’incartava soltanto sui 7b, 7c.
Gli brucia ancora di non essere riuscito a chiudere le vie: “Il biglietto di volo per fortuna” che era un 7b+ e nemmeno “Brukner” dello stesso grado, ma aveva chiuso agevolmente “Aurora”, “Mozart, “Entropia” e “Bach” che erano tutti 7b, che si vede gli andavano a genio.
Dedicati ai musicisti tedeschi, quelli del suo paese e forse ciò lo spronava, lo galvanizzava.
Emiliano Della Bella
Al Grottone invece, la grotta che sta proprio sulla battigia di Sperlonga scendendo i duecento gradini “dell’Ultima spiaggia”, lo stabilimento abusivo di Enzo, avevamo salito ”Fini e Forti”, “Invidia”, “Black Sky” che erano tutti gradi tra il 6b e il 7a, solo un poco più difficili, perché arrampicare in grotta è un’altra cosa e necessita di maggiore tecnica.
Il Grottone sovrasta la grande spiaggia dei gay; una comunità numerosa e forte che l’aveva occupata e la difendeva con le unghie e con i denti da anni dai continui tentativi di sgombero del comune di Gaeta e degli speculatori che volevano farci, anche in quel posto, ultimo avamposto libero e permissivo di tutto il litorale laziale, uno stabilimento privato per soli ricchi e per chi poteva permettersi un ingresso a venti, trenta euro al giorno.
Rudolf era comunque riuscito a portare a termine in quella breve stagione primaverile/estiva, anche “Nuvole e fango” che era un 7b cazzuto, “A volte si staccano” che lo davano per 7c ma qualcuno ci aggiungeva un + e aveva provato per due settimane ad attaccare “Cavalieri selvaggi” che era un 8a, ma senza riuscirci.
Eravamo soddisfatti e pure felici di quelle incursioni infrasettimanali in quella bella distesa giallo oro ancora deserta a farci le pippe sportive su quelle rocce di calcare un po’ unte, consumate dal vento e dalla salsedine e a fantasticare di traguardi impossibili e risultati irraggiungibili con i polpastrelli levigati e i tendini delle braccia indolenziti.
Io poi, un quasi sessantenne che qualche volta pensavo di essere ridicolo a stare ancora appeso con due dita su quelle belle falesie che adoravo, ero entusiasta, quasi felice se avessi saputo descrivere con precisione i gradi di misurazione della felicità.
Attaccato come una scimmia su una corda sottile mi sentivo un re, un privilegiato nonostante i guai, il lavoro, la vita che non era mai stata una “passeggiata di salute”, la morte di mia moglie Luciana che ancora non avevo assorbito e che la notte mi stordiva e non mi faceva dormire.
Ma era bello esserci, come no se era bello. Vivere, giocare, soffrire, emozionarsi per la leccata del cane, per una salita elegante, per una parete conquistata come si conquista una collina sottraendola al nemico.
Emiliano Della Bella
La differenza di età tra me e Rudolf non era un problema e nessuno mi ha mai domandato fino a quale anno fosse possibile scalare. In più, io sono sempre stato uno diligente, premuroso, attento, protettivo con i più giovani e con il gri gri facevo una “sicura” per la quale ti potevi fidare ciecamente.
Fino a quale età si può scalare?
Era una domanda che anche se gli altri non me la facevano mai, io invece me la giravo e rigiravo, ci pensavo magari quando mi faceva male una spalla, le dita non chiudevano, non riuscivo a fare un trazionamento per arrivare alla presa, o mi dannavo “sotto catena” perché non avevo abbastanza elasticità per attaccarci la corda o mi cagavo sotto dalla paura.
Qualche volta, preso dallo sconforto ho pure pensato di smettere.
Fino a che età si può scalare? Booh!
Una risposta, sono convinto che Jolly, o magari il Ciclope oppure Mauro, Giorgio o Valerio o forse Carlos che è più crudo e diretto, che sono stati miei maestri e qualche volta compagni di scalata, avrebbero potuto un po’ perfidamente darmela:
«Fino a che te reggono le dita» mi avrebbero detto, lo so.
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